Forti vendite sui Big Tech nel 2022, continuerà il trend negativo?
I colossi del settore tecnologico Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft (GAFAM) scontano uno scenario incerto tra rialzi dei tassi di interesse, inflazione e problemi al sistema delle forniture.
Le ragioni del crollo
Tre sono i motivi principali che possono spiegare la caduta in Borsa dei cosiddetti GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft).
Il primo è che i mercati avevano aspettative molto elevate sulle trimestrali dei titoli tech ma - per la prima volta dallo scoppio della pandemia - sono stati delusi da risultati che hanno mostrato molte ombre. Ciò ha causato grosse vendite sull’intero paniere dei titoli tecnologici. L’indice US Fang che comprende i big della tecnologia ha mostrato da inizio aprile un calo del 23% e da inizio anno del 32%.
Il secondo motivo riguarda le attuali esternalità che stanno influenzando pesantemente il corso dei titoli azionari, tra cui si identificano le tensioni geopolitiche in Ucraina e i ritardi nelle forniture causati da nuovi lockdown in Cina. Infatti, la guerra ha - di nuovo - creato un periodo di estrema incertezza aggiungendo ulteriore volatilità ad un quadro economico già di per sé instabile. Se Google e Facebook sono riuscite a mitigare gli effetti delle sanzioni economiche nei confronti di Mosca rispettivamente grazie alla spinta del cloud e ai dati incoraggianti sui social, al contrario Apple e Amazon hanno subito ripercussioni più pesanti dovute alla carenza di forniture e al rallentamento della domanda post-pandemia.
Non ultimo, lo scenario macroeconomico inflazionistico, dapprima creduto temporaneo ma ora in costante crescita, che pone serie preoccupazioni ai governatori delle banche centrali che non sanno come intervenire per frenare la salita dei prezzi al consumo senza tuttavia danneggiare le ormai fragili economie. Infatti, l’inflazione USA ha toccato a marzo l’8,5% anno su anno, il dato maggiore dal 1981, e gli effetti di una sua parziale mitigazione saranno visibili forse solo tra qualche mese. Inoltre, il rialzo dei tassi di interesse e lo spettro della stagflazione (alta inflazione e stagnazione economica) si stanno sommando ad altri fattori di instabilità macroeconomica che stanno danneggiando le aspettative verso i titoli tech, particolarmente sensibili alle pressioni inflazionistiche.
Google fatica nonostante i ricavi
Alphabet, la casa madre di Google, ha registrato ricavi in aumento a $68 miliardi, al di sotto delle aspettative di $68,11 miliardi, ma con un rialzo anno su anno del 23%. I risultati sono quindi tutt’altro che negativi ma il mercato ha comunque deciso di penalizzarla, con una flessione che si somma a quella da inizio anno di circa il 25%. La società di Mountain View non ha subito pesanti ripercussioni economiche dalle sanzioni contro la Russia che pesa solo per una minima parte sui ricavi del gruppo, ormai ben consolidati dalle rendite pubblicitarie e dai servizi cloud. Dunque, non crediamo che la società presenti particolari problematiche endogene ma che invece stia soffrendo - come tutto il settore - a causa di esternalità dovute ad un quadro economico particolarmente difficile. Google ha inoltre approvato un corposo piano di buyback azionario ($70 miliardi) per sostenere il corso del titolo ed uno split azionario con rapporto di 20 a 1 per luglio di quest’anno.
Amazon evidenzia costi troppo elevati. Brilla però AWS
Amazon ha invece registrato dati più deludenti del previsto con una perdita netta trimestrale di $3,8 miliardi che gli ha causato un crollo di ben il 14% in una singola seduta. Il suo core business, basato sull’e-commerce, sta soffrendo a causa della sovraoccupazione di personale e dei margini bassissimi. Se durante la pandemia la società aveva beneficiato di una forte crescita derivante proprio da questo dipartimento, ora sembra che questo stia causando più problemi che profitti. Tutta un’altra storia, invece, per quanto riguarda la sua divisione di cloud computing AWS (Amazon Web Services) che ha fatto registrare ricavi record (+37% anno su anno). Sembra che gli investitori siano scettici nei confronti del gigante dell’e-commerce perché si sta espandendo in settori troppo diversi tra loro, con poche possibilità di sinergie. Inoltre, lo scenario economico in generale rallentamento non aiuta insieme con le improvvisate speculazioni sul produttore di auto elettriche Rivian (perdita record di $7,6 miliardi) che certamente potevano essere evitate. Tuttavia, nonostante il calo delle quotazioni, Amazon rimane un business solido soprattutto per quanto riguarda il lato cloud, che anzi potrebbe essere oggetto di un successivo carve-out (scorporo societario con quotazione in Borsa) così da essere valorizzato maggiormente dal mercato. Non ultimo lo split azionario di giugno (rapporto di 20 a 1) ed il riacquisto azionario potrebbero causare un rimbalzo momentaneo del titolo.
Meta spinge sul metaverso. Conti superiori alle attese ma tanta incertezza per il futuro
Facebook , ormai diventato Meta Platforms, è riuscito a limitare i danni nelle ultime settimane grazie a conti trimestrali superiori alle attese. Tuttavia nei mesi scorsi le performance di Borsa erano state pessime soprattutto con il crollo di valore alla pubblicazione della precedente trimestrale che aveva mostrato una perdita di utenti.
Da inizio anno il titolo perde il 42% sulla scia della preoccupazione degli investitori sulla capacità del gruppo di attirare nuovi utenti attivi per i suoi social. Il principale timore deriva dall’avanzata del competitor cinese TikTok. Anche gli ingenti investimenti nel metaverso, universo virtuale dai confini non completamente chiari, destano un po' di preoccupazione visto il precedente fallimento con la moneta virtuale Libra.
Apple, la supply chain affossa il titolo
Risultati incoraggianti anche per Apple che sconta però ritardi nelle forniture dei suoi iPhone che rappresentano più della metà delle vendite. Il gigante di Cupertino risulta tra i titoli tech più colpiti dalla guerra in Ucraina che ha tagliato fuori un mercato abbastanza rilevante come la Russia. In Borsa il titolo risente delle pressioni legate ai recenti lockdown in Cina che rallentano l’assemblaggio dei suoi prodotti. Ottimi invece i risultati del business legato ai servizi iCloud e App Store che raggiungono i $19,5 miliardi. Nonostante ciò, il mercato sta prezzando - forse più del dovuto - le incertezze dovute alle forniture, alla guerra in Ucraina e alle pressioni inflazionistiche. Oltre a ciò, i problemi legali con la Commissione Europea, legati all’abuso di posizione dominante nel settore dei pagamenti, possono comportare un ulteriore motivo di rischio per gli investitori più cauti.
Microsoft rallentata dalla Federal Trade Commission
Il titolo Microsoft soffre anche se i ricavi di $49,4 miliardi sono risultati superiori alle aspettative, grazie alla divisione Intelligent Cloud (Azure), e patisce le ormai arcinote esternalità legate ad Ucraina, semiconduttori e indice dei prezzi al consumo. Inoltre, dall’inizio dell’anno registra un calo del 21% a Wall Street dove gli investitori scontano un rallentamento economico dovuto alla crescita incontrollata dell’inflazione e all’atteggiamento discutibile della Federal Reserve. Infatti, i mercati finanziari temono una possibile frenata del settore tech dopo il boom della pandemia e penalizzano le società del settore a favore di titoli più ciclici. Anche la recente acquisizione del colosso dei videogiochi Activision Blizzard è sintomo di qualche preoccupazione dopo che le autorità della Federal Trade Commission (FTC) hanno richiesto una due diligence più accurata del previsto. In conclusione, anche Microsoft segue l’andamento degli altri Big Tech che si vedono penalizzati nonostante i risultati tutt’altro che deludenti e si vedono scontare difficoltà più esogene che endogene.
I growth perdono terreno a favore dei value
Per concludere, il mercato sta giudicando sotto pressione i titoli del settore tecnologico e sta compiendo una rotazione verso azioni cicliche (energetici, bancari ed industriali) che invece possono limitare i danni di un nuovo quadro macroeconomico dettato da alti tassi di interesse. Inoltre, le anomale pressioni dovute ai ritardi negli approvvigionamenti e alla crisi geopolitica Ucraina stanno ulteriormente indebolendo il corso dei titoli tecnologici. Tuttavia, è da notare che la debolezza degli indici tecnologici era già iniziata da gennaio.
Futuro incerto per il NASDAQ
Il forte aumento nelle quotazioni dei titoli tecnologici durante la pandemia è stato dettato dalle aspettative di una forte e rapida ripresa a V dopo il calo della domanda dovuto ai lockdown. Le azioni tecnologiche sono state privilegiate dagli investitori grazie all’aumento dei ricavi dovuti all’incrementata affluenza online dei consumatori e alle prospettive molto positive sugli utili futuri. Si pensi - per esempio - alla sola crescita generata dai servizi legati al cloud causata dal passaggio dal lavoro in presenza a quello da remoto. Ora, a due anni dall’inizio della pandemia, le aziende tecnologiche stanno invece scontando un quadro macroeconomico completamente differente. Le restrizioni sui movimenti non sono più in vigore (nella maggior parte del mondo) e si è passati da uno scenario deflazionistico ad uno fortemente inflazionistico. A complicare ancora di più la situazione, ci sono le incognite dovute all’offensiva di Putin in Ucraina e a tutto ciò che vi è collegato, dal rincaro delle materie prime, alle sanzioni economiche, ai ritardi nelle forniture. La tendenza negativa del NASDAQ è però iniziata a gennaio con la preoccupazione sull’indice dei prezzi al consumo (CPI) a cui si è ora sommata l’instabilità geopolitica. La somma di questi fattori sta causando la forte discesa delle quotazioni nonostante i risultati trimestrali tutt’altro che negativi.
Le nostre previsioni economiche sono pessimiste, almeno per il medio-breve periodo. Infatti, la guerra in Ucraina non dà segnali di conclusione, i colloqui di pace sono ad un punto morto e L’Europa non riesce a costruire un fronte compatto per diversificare le possibili carenze negli approvvigionamenti di gas e petrolio. Inoltre, lo spettro di nuove chiusure in Cina - recentemente irrigidite - e le pressioni inflazionistiche ai record storici generano un outlook negativo sull’andamento generale del quadro macroeconomico. Molto probabilmente, le azioni delle Big Tech sconteranno ancora per molti mesi le incertezze sulle possibili reazioni della FED e sulle esternalità causate dal quadro geopolitico incerto.
Quali le sfide per i GAFAM nel secondo semestre?
Le sfide sono numerose per riuscire ad affrontare le nuove condizioni economiche. A nostro avviso i big del tech dovranno intraprendere un radicale cambio di strategia industriale che richiederà tempo e investimenti. I colossi tecnologici non possono permettersi di commettere errori tali da minare la fiducia degli investitori in un quadro macroeconomico che diventa sempre più complicato.
Tutte le GAFAM hanno visto una forte crescita dei ricavi per quanto riguarda le attività legate al cloud computing che permette di ottenere enormi profitti grazie ad una scalabilità eccezionale. Invece, pensiamo che alcuni investimenti verso settori o aziende dalle dubbie prospettive (come il metaverso per Facebook o Rivian per Amazon) debbano essere quantomeno rimandati in attesa di un contesto macro più favorevole.
Inoltre, crediamo che Apple dovrebbe rivedere la sua catena di approvvigionamento su scala globale attuando una strategia di reshoring (ricollocazione dei propri stabilimenti negli Stati Uniti) delle attività più critiche per l’assemblaggio dei suoi prodotti. Questo non può avvenire in breve tempo, ma in questo modo la società della Mela eviterebbe sconvolgimenti simili che in futuro potrebbero generare una diminuzione sostanziale dei suoi ricavi.
Infine, riteniamo che Amazon dovrebbe razionalizzare le strategie delle sue controllate. Infatti, il core business dell’e-commerce risulta poco competitivo, visto l’aumento spropositato dei dipendenti e dei magazzini attuato durante la pandemia, ma che ora non è più necessario. Invece, crediamo che la divisione di cloud computing Amazon Web Services (AWS) debba essere oggetto di uno scorporo societario (con possibile quotazione in Borsa) così da raccogliere nuovi capitali per far crescere ulteriormente un business che non vede crisi ma anzi risulta vincente.
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