Guerra commerciale: senza accordo tariffe più alte
Torna alta la tensione tra Cina e Usa. Gli addetti ai lavori lasciano trasparire ottimismo sulle negoziazioni, ma Trump continua a minacciare nuovi dazi. Pesa anche la questione di Hong Kong
L’impasse di ieri sulla guerra commerciale ha contribuito ad aumentare le tensioni: le parole del presidente Usa Donald Trump e la proposta dell’Hong Kong Human Rights and Democracy Act hanno infatti scatenato timori che si sono riversati sui mercati globali.
“Se non facciamo l’accordo con la Cina, semplicemente alzerò ancora di più le tariffe”, ha annunciato ieri Trump durante un incontro di gabinetto alla Casa Bianca. Non solo: dovrà essere un accordo “che mi piaccia”, ha continuato.
Eppure, il presidente continua a dirsi ottimista circa l’andamento dei negoziati – che sia l’unico? Da parte della Cina, ancora non arrivano commenti né dai principali media, né dai funzionari addetti ai lavori.
A che punto eravamo arrivati?
Un bel passo indietro rispetto alla finestra lasciata aperta un paio di settimane fa dai negoziatori cinesi, che avevano praticamente dato per assodato un accordo che prevedesse l’abbassamento reciproco e simultaneo delle tariffe. “Non ho mai detto di essere d’accordo” aveva però dichiarato Trump, troncando le gambe alla proposte.
Eppure, lontano dai riflettori, i negoziati sembrano procedere. Venerdì scorso il consigliere economico della Casa Bianca, Larry Kudlow, ha dichiarato che un accordo sarebbe sempre più vicino. Il che giustificherebbe l’ottimismo di Trump .
Sabato le discussioni sono proseguite, stavolta tra il vice premier cinese Liu He, il segretario del Tesoro Usa, Stephen Mnuchin e il rappresentante commerciale Usa Robert Lighthizer. Secondo l’agenzia di stampa cinese Xinhua, il dialogo avrebbe compreso i temi chiave dell’accordo sulla “Fase 1”.
La questione di Hong Kong
È di poche ore fa la notizia che il vice ministro degli Esteri cinese Ma Zhaouxu ha convocato il consigliere per gli affari politici dell’ambasciata Usa a Pechino, William Klein, per parlare della situazione a Hong Kong. Lo scopo in realtà era uno: avvertire che, se il presidente Usa Trump dovesse firmare il cosiddetto “Hong Kong Human Rights and Democracy Act”, seguirebbero ritorsioni da parte della Cina. Il testo, approvato ieri dal Senato, è in queste ore al vaglio della Camera.
Il portavoce del ministro degli Esteri cinese, Geng Shuang, aveva appena avvertito che ogni tentativo da parte degli Usa di interferire con gli affari interni cinesi sarebbe stato invano. “Chiediamo da parte statunitense di avere uno sguardo chiaro sulla situazione, di prendere dei provvedimenti per evitare che il decreto diventi una legge e smetterla di immischiarsi negli affari interni della Cina e di Hong Kong, onde evitare di innescare un fuoco che finirebbe solo con il bruciare se stesso”.
È la seconda volta che la Cina convoca un funzionario dell’ambasciata statunitense dall’inizio delle proteste a Hong Kong. La prima, a giugno, era stata la volta di Robert Forden, vice capo della missione all’ambasciata Usa a Pechino.
Come hanno reagito i mercati?
I principali mercati si confermano al ribasso dopo le ultime notizie sulla guerra commerciale. Shanghai chiude stamattina a -0,78%, lo SZSE Component a -82%, China A50 a – 1,04%. Leggermente meglio, ma comunque negativa, la Borsa giapponese: il Nikkei chiude a -0,62%, Topix a -0,33%. Anche l’Hang Seng è in rosso, perdendo lo 0,75%.
Contrastanti invece i valori d Wall Street: a poche ore dall’apertura, il Dow Jones segna -0,36%, il Nasdaq +0,24%, l’S&P 500 -0,06%. Ma i risultati delle tensioni si riversano anche un Europa, dove nessuno tra i maggiori indici segna risultati positivi: Parigi-0,64%, Francoforte-0,89%, Londra-1,28%, Milano– 0,44%.
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