Il greggio mantiene i rialzi in attesa delle decisioni dell'Opec+
Si va verso un prolungamento dei tagli alla produzione da tre a sei mesi. Preoccupa l’ondata di petrolio in arrivo dalla Libia, che in un mese è tornata ai livelli di produzione di gennaio (oltre 1,2 mbd)
Prosegue oggi la seconda giornata del meeting preparatorio dell’Opec+, in attesa della riunione ufficiale a Vienna il 30 novembre e 1 dicembre. Scopo della riunione: preservare i rialzi del prezzo del greggio, balzato di circa il 10% lunedì scorso all’annuncio de vaccino della farmaceutica Pfizer, lunedì scorso, e di un ulteriore 2,6% all’annuncio di quello Modera, ieri.
Cosa ha in serbo l’Opec+?
La sfida, per l’organizzazione dei principali paesi esportatori di petrolio (e i loro alleati, Russia prima di tutti) è quella di continuare a pilotare al rialzo il prezzo del barile, condannato dall’inizio della pandemia a sfiorare minimi storici.
A pesare sul prezzo del greggio ora è soprattutto la seconda ondata di covid-19, che già nelle scorse settimane ha spinto diversi stati europei e Usa a varare nuove misure restrittive.
L’Opec+ potrebbe dunque decidere di prolungare il regime di tagli alla produzione, attualmente di 7,7 milioni di barili al giorno, per ulteriori tre mesi – ma tra le ipotesi c’è anche quella di prolungarli fino a giugno 2021. Il piano originario, stabilito al G20 energia lo scorso aprile, in piena crisi energetica, prevedeva che, a partire da gennaio, i tagli si sarebbero ridotti a 5,7 milioni di barili al giorno.
Oggi si riunisce il comitato di monitoraggio ministeriale dell’Opec+, l’organo in grado di fornire raccomandazioni ai paesi Opec+.
L’idea di prolungare i tagli alla produzione piace: lo ha confermato l’Algeria, presidente di turno dell’Opec+, mentre l’Arabia Saudita (leader de facto dell’organizzazione) è andata più avanti e ha suggerito che venga ritoccata l’entità dei tagli. Più riottoso invece l’Iraq: Bagdad è disposta ad accettare un’ulteriore riduzione della produzione solo se la decisione sarà unanime.
Quali sono le minacce per il prezzo del petrlio?
Non solo la crisi pandemica: l’Opec+ sta monitorando attentamente anche i livelli di scorte dei propri membri e quelli di produzione dei paesi esenti dai tagli – Libia e Iran.
Quanto alle scorte, al momento fonti ufficiali confermano che anche i paesi finora più restii a limitare la propria produzione (come la Nigeria) si siano infine conformati alla politica dei tagli. Venerdì scorso dati ufficiali hanno confermato un allineamento del 101% alle cifre programmate.
Più spinosa invece la questione della Libia, che aggiunge benzina sul fuoco quanto alla crisi della domanda. Tripoli avrebbe infatti richiesto di poter essere esonerata dai tagli finché la sua produzione non si sarà stabilizzata attorno agli 1,7 milioni di barili al giorno - quasi quanto Riad spera di eliminare, a partire da gennaio.
L’economia della Libia non può prescindere dalla produzione di petrolio. Da quando, alla fine di ottobre, l’Onu ha annunciato il cessate il fuoco tra le fazioni in lotta per il potere in Libia, la produzione dello stato nordafricano è tornata a risalire rispetto ai poco più di 100 mila barili al giorno verso cui era precipitata – a gennaio 2020 erano 1,2 milioni.
Cifra, quella di gennaio, per altro raggiunta e superata la scorsa settimana: al 13 novembre, sembra che la produzione della Libia ammontasse già a 1,215 milioni di barili al giorno. Nel 2019 la Libia ha esportato petrolio per un valore complessivo di oltre 24,14 miliardi di dollari, su un totale di prodotti esportati corrispondente a 25,73 miliardi.
Come si sta muovendo oggi il prezzo del petrolio?
Al momento il petrolio mantiene i guadagni degli ultimi giorni, salvo una leggera flessione degli ultimi minuti che ha fatto scendere il prezzo del Brent dello 0,14% e quello del Wti dello 0,15%: al momento, i benchmark viaggiano rispettivamente a 43,76 dollari al barile e 41,28 dollari al barile.
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