Inflazione Cina in rallentamento al +2,5% a/a
Il dato relativo al mese di agosto è risultato in frenata rispetto al valore precedente a causa della riduzione dell’attività economica dovuta al Covid-19.
I risultati
L’indice dei prezzi al consumo cinese nel mese di agosto è rallentato più delle attese del consensus al +2,5% anno su anno. Il valore è in calo rispetto al dato di luglio, al + 2,7% a/a, e minore delle previsioni che si aspettavano un aumento al +2,8% a/a.
Su base mensile, il CPI è sceso rispetto al mese di luglio dello 0,1%, più delle aspettative che si attendevano un calo del -0,2%.
Più nel dettaglio, il paniere degli alimentari è cresciuto del +6,1% a/a nel mese di agosto rispetto al +6,3% a/a per quanto riguarda luglio con l’aumento dei beni non-alimentari che si è fermato al +1,7% a/a contro l’1,9% a/a di luglio.
L’indice Core, invece, che esclude la volatilità data dai panieri di alimentari ed energetici è rimasto invariato rispetto a luglio al +0,8% a/a.
Anche il PPI (Producer Price Index) è sceso a un minimo di 18 mesi, al +2,3% a/a, inferiore al +4,2% di luglio e alle previsioni che stimavano un aumento al +3,1%. La causa del ribasso è dovuta ai prezzi dell’energia e delle materie prime industriali, specialmente i metalli non-ferrosi che sono scesi molto a causa dei timori di una contrazione economica nel breve termine. Mese su mese, il PPI è sceso dell’1,2%.
Il PPI relativo all’estrazione di petrolio e gas naturale è in ribasso al +35% a/a nel mese di agosto rispetto al precedente dato fermo al +43,9% a/a.
Il calo delle pressioni inflazionistiche è dovuto principalmente alla diminuzione dell’attività economica del gigante asiatico a causa della ripresa delle infezioni di Covid-19 negli ultimi mesi (ieri 1404 nuovi casi). Inoltre, la politica di tolleranza zero adottata dalle autorità di Pechino non fa che peggiorare la situazione indebolendo ancora di più la domanda aggregata domestica.
Basti pensare che ieri la città di Chengdu ha esteso il proprio periodo di lockdown costringendo in casa la maggioranza dei suoi 21 milioni di cittadini.
L’inflazione rimane dunque al di sotto del target del +3% a/a fissato dalla PBOC (People’s Bank of China) e ciò fa pensare che la banca centrale cinese potrebbe attuare ulteriori tagli dei tassi di interesse durante il secondo semestre 2022.
L’economia cinese rimane infatti sotto pressione non solo a causa del Covid-19 ma anche per una sostanziale riduzione della domanda verso il settore immobiliare (che conta per circa il 25% del PIL del paese).
Le autorità di Pechino stanno quindi provvedendo a stimolare l’economia abbassando i tassi di interesse sui prestiti a cinque anni a livelli più accomodanti (attualmente al 4,3%).
Le previsioni
Al contrario delle economie occidentali, la Cina sta ancora lottando con una ripresa dei casi di Covid-19 e con una debole domanda domestica. Lo scenario macroeconomico è quindi diametralmente opposto con le autorità cinesi che cercano di stimolare l’economia affinché non assuma pericolosi caratteri deflazionistici.
In conclusione, crediamo che la PBOC continuerà - senza esitazione - ad abbassare i tassi di interesse di riferimento ancora per tutto il 2022 anche se le pressioni inflazionistiche dovessero sorpassare lievemente la soglia del +3% a/a.
Infatti, riteniamo che Pechino intenda risvegliare l’economia del gigante asiatico che però, per il momento, è rimasta alquanto sonnolenta.
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