Inflazione UK sale oltre le attese al +11,1% a/a
L’indice dei prezzi al consumo nel Regno Unito ha toccato nuovi massimi da 41 anni mettendo ulteriore pressione sulla Bank of England per mantenere più a lungo la sua politica monetaria restrittiva.
I risultati
L’inflazione nel Regno Unito ha raggiunto un nuovo picco al +11,1% a/a, il massimo dall’ottobre del 1981. Il dato pubblicato dall’ONS (Office for National Statistics) ha superato le attese del consensus che si aspettava una crescita al +10,7% a/a rispetto al precedente valore di settembre fermo al +10,1% a/a.
Su base mensile, il CPI (Consumer Price Index) è salito del +2%, superando le previsioni che si attendevano una crescita del +1,7%. Il mese scorso l’incremento era stato del +0,5%.
In particolare, i prezzi delle materie prime energetiche hanno dato il maggior contributo alla crescita dell’inflazione. I prezzi del gas naturale sono saliti del 36,9% ad ottobre mentre il costo dell’energia elettrica è aumentato del 16,9%. Anche i prezzi dei beni alimentari sono cresciuti del +2% a/a con l’unica esclusione del tè e del caffè.
Tuttavia, la benzina e il gasolio sono diventati più economici con i prezzi che sono scesi dello 0,5% alla pompa.
Nonostante ciò, i salari non sono stati al passo con la crescita record dei prezzi riducendo quindi di molto il reddito reale dei cittadini britannici. Si stima che per chi ha a disposizione redditi più bassi l’inflazione sia al +11,9% mentre per chi ha redditi maggiori l’indice dei prezzi al consumo sarebbe al +10,5%.
L’indice Core, invece, che esclude i panieri dell’energia e degli alimentari, ha registrato una crescita ad ottobre al +6,5% a/a, invariato rispetto al precedente valore.
I dati deludenti mostrano però segnali di speranza che l’inflazione abbia ormai raggiunto il picco o si stia avvicinando ad esso. I prezzi praticati dalle fabbriche sono saliti del +14,8% a/a ad ottobre, l’incremento più basso da aprile scorso.
Anche i costi per la produzione da materie prime industriali ed energetiche sono cresciuti al minor ritmo da marzo al +19,2% a/a.
Il dato di oggi sul CPI britannico è in forte contrasto con quello pubblicato negli Stati Uniti il quale ad ottobre ha mostrato un deciso rallentamento al +7,7% a/a (contro il +8,2% a/a di settembre) creando quindi le aspettative per un futuro accomodamento dei rialzi dei tassi da parte della Fed.
Gli effetti sui mercati
All’apertura dei mercati, l’indice FTSE 100 di Londra segna un modesto +0,24% ma poi arretra fin quasi alla parità. Sul lato valutario, invece, la coppia GBP/USD tocca un picco a 1,1903 per poi ritracciare fino al minimo intraday di 1,1837.
Tuttavia, nel corso della mattinata, la sterlina riprende vigore con il cable che sale e si riporta fino al massimo di seduta a 1,1942.
Le previsioni
Il dato sulle pressioni inflazionistiche nel Regno Unito arriva all’indomani della presentazione del piano fiscale del nuovo Ministro delle Finanze Jeremy Hunt che ha ribadito la ferma volontà a combattere l’inflazione galoppante anche se le misure introdotte saranno dolorose per l’economia del paese che - quasi sicuramente - finirà in recessione entro la fine del 2022.
Tuttavia, alla luce dei dati sull’inflazione, i riflettori sono ora spostati verso le prossime mosse della Bank of England che lo scorso 3 novembre aveva stupito i mercati dopo aver dichiarato che il livello dei tassi stimato da questi ultimi era troppo elevato.
Nonostante le precedenti dichiarazioni, ora molti investitori rimangono dubbiosi riguardo alle reali mosse della BoE che si vede costretta a fronteggiare una crescita dei prezzi record.
Da parte nostra, crediamo che la banca centrale britannica alzerà i tassi nel prossimo meeting di almeno 50 punti base anche se, dopo la pubblicazione dei dati sull’inflazione, non è escluso un aumento maggiore da 75 punti base.
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