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Inizia oggi la nuova era delle sanzioni all’Iran. E l’Iran scende in piazza per manifestare contro l’America ed il suo presidente.
A partire dalla mezzanotte di oggi, orario di Washington, gli Stati Uniti hanno riattivato le tariffe su Tehrean, che erano state cancellate dopo la firma dell’accordo sul nucleare iraniano siglato nel 2015. A maggio, il presidente Donald Trump, decise di chiamarsi fuori dall’accordo firmato all’epoca da Barack Obama, dichiarandolo troppo permissivo nei confronti dell’Iran ed eccessivamente penalizzante per gli Usa.
Immediata e negativa la risposta di Francia, Germania Gran Bretagna ed Unione europea, le quali hanno dichiarato la necessità di tutelare le aziende europee che legittimamente intrattengono rapporti commerciali con Teheran. "Il nostro obiettivo" hanno reso noto, "è proteggere gli attori economici europei che hanno legittimi scambi con l'Iran, in linea con la legislazione europea e la risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite".
Seconda tranche di sanzioni su settore finanziario ed energetico
Se la prima tranche di sanzioni reintrodotte lo scorso agosto ha colpito prevalentemente il comparto dei trasporti (auto ed aerei), per la regione arriva ora la botta più dura, quella che andrà a colpire il settore finanziario e quello dell’industria energetica (petrolio), al centro della produttività del Paese e oggetto d’interesse statunitense.
Contestualmente all’annuncio di uscita dall’accordo con l’Iran, Trump aveva annunciato il ripristino di una serie di sanzioni indirette, misure penalizzanti per chiunque avesse continuato ad intrattenere rapporti commerciali con l’Iran.
La data del 4 novembre scelta dal Tycoon, inoltre, è rappresentativa: in quel giorno del 1979, durante la rivoluzione, un gruppo di studenti iraniani prese in ostaggio 52 dipendenti dell'ambasciata americana di Teheran, occupandola.
Deroghe all'import di petrolio iraniano per otto nazioni
Lo scorso venerdì scorso il presidente americano ha annunciato la deroga per otto nazioni dalle sanzioni all’Iran, grazie ai tagli netti sull’import di petrolio iraniano già disposti da queste. Nel caso di specie, il parziale prosieguo dell'import di greggio da parte di Cina, India, Turchia, Giappone, Corea del Sud, Emirati Arabi, Grecia e Italia ha alleggerito i timori di una forte riduzione dei livelli di output sul mercato, tradottasi in un avvio di settimana in parziale calo per il petrolio sia Brent (poco sopra $72,50 al barile) che Wti (a ridosso dei $63), in un periodo non semplice per la materie prima.
Nel primo giorno di sanzioni, tra le più dure che gli Stati Uniti abbiano mai imposto, è arrivato anche il commento del presidente Hassan Rohani “il governo non teme le minacce degli Usa”; lo stesso ha proseguito sostenendo che l'Iran ne ha viste tante ed ha imparato ad essere autosufficiente, al punto da produrre internamente ciò che non può importare.
Lo scorso luglio, la moneta iraniana, il riyal, ha toccato un record a ribasso contro dollaro a 110.000 rial per ogni dollaro; un anno fa ne occorrevano circa 40.500.