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L'oro nero del Mar del Nord ha superato con decisione la soglia degli 80$ dopo l'incontro di Algeri del week end.
Strappa al rialzo il prezzo del petrolio stamane dopo che l'OPEC, durante l'incontro di Algeri svoltosi nel week end, ha deciso di non alzare i livelli di produzione. I Paesi del cartello, insieme alla Russia, hanno così snobbato le richeste che erano arrivate dagli Usa e in particolare, dal presidente Donald Trump, che ha reclamato una riduzione dei prezzi del greggio.
Con la decisione di ieri, l'OPEC sembra voglia adottare un approccio cauto sul tema della produzione, aspettando le sanzioni all'Iran prima di decidere. In questo modo si tutela dal rischio di non dover fare marcia indietro più volte, dato che comunque l'offerta statunitense continua ad aumentare e la domanda potrebbe subire un rallentamento per via delle tensioni commerciali. Inoltre, crediamo anche che con la mancata azione di ieri il cartello confermi la sua natura di organismo indipendente, rafforzando la sua leadership anche nei confronti di Trump, che in questo momento sta combattendo la battaglia commerciale nei confronti del resto del mondo.
In questo momento, il rialzo dei prezzi sembra essere alimentato dall'imminente partenza delle sanzioni all'Iran, che dovrebbe ridurre l'offerta di petrolio in maniera considerevole.
Nonostante il nulla di fatto di ieri, l'OPEC si è impegnata a tenere sotto controllo l'equilibrio tra domanda e offerta, con la possibilità di intervenire in futuro. L'occasione potrebbe presentarsi nella riunione ufficiale del prossimo 3 dicembre che si terrà a Vienna. In quell'occasione il cartello potrebbe avere a disposizione già a qualche dettaglio sull'andamento tra domanda-offerta dato che le sanzioni all'Iran saranno già partite.
Il prezzi più alti potrebbero generare spinte inflattive e mettere pressione al comparto fixed income, richiamando anche l'attenzione delle Banche centrali. Pertanto è necessario tenere l'attenzione rivolta al petrolio e la dinamica dei prezzi.
Il rialzo per ora ha influenzato maggiormente il Brent, che ha rotto la soglia degli 80 dollari/barile, aggiornando ai massimi da novembre 2014. La corsa potrebbe proseguire ora verso gli 84 dollari, mentre la resistenza strategica si colloca a 90 dollari. Più indietro rimane il WTI Crude, con il future che scambia ora sui 72 dollari al barile. Lo spread tra i due mercati rimane alto e continua ad ampliarsi probabilmente per via del fatto che il continuo crescere della produzione Usa tiene i prezzi un po' più sotto controllo. Qui il target potrebbe essere verso gli 80 dollari.
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