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Cosa muove il prezzo del petrolio? Se lo chiede il mercato, dopo il record di produzione Usa

Produzione greggio americana sui massimi a gennaio: 12 milioni di barili al giorno. Analisti di Citi: possibili 13 milioni di barili entro fine 2019. L'offerta vanifica i tagli dell'Opec. Salgono le quotazioni su fiducia Cina-Usa.

Fonte: Bloomberg

Breve calo dei prezzi del petrolio, scesi sul finire di settimana dopo che gli Stati Uniti hanno riportato un dato sulle scorte settimanali oltre le attese (a 3,67 milioni, contro i 3,08 milioni previsti) ed una produzione mensile di petrolio a gennaio in crescita a 12 milioni di barili al giorno. Rilevazione, questa, che vanifica gli sforzi dell’Opec, l’organizzazione dei principali produttori di petrolio che lo scorso dicembre ha deliberato un taglio della produzione di barili da 1,2 milioni al giorno volta a sostenere il livello dei prezzi della materia prima.

A prevalere sulla quotazione sono però state le forze rialziste, col crude tornato a quotare in area 57,50 dollari al barile. Da inizio anno, il greggio segna un rialzo del +27,5%, dopo aver perso tra ottobre e dicembre 2018 circa il 35% dle proprio valore.

Cina, primo importatore di petrolio al mondo

Se da un lato le scorte di petrolio sul mercato si confermano abbondanti, spiragli di risoluzione nella guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti (riunitisi nuovamente in questi giorni per cercare di raggiungere un accordo) hanno in parte rinsaldato la fiducia degli operatori. La Cina, primo importatore mondiale di petrolio, ha rallentato la propria crescita, portandosi dietro lo scetticismo di un mercato conscio il calo di produttività cinese, sia nell’industria che nella manifattura, avrebbe profondamente impattato le dinamiche di domanda, costringendo al ribasso il prezzo delle materie prime.

Usa, primo produttore di petrolio al mondo

Secondo quanto riportato dall’EIA, l'Energy Information Administration, la produzione di petrolio greggio Usa ha raggiunto per la prima volta la scorsa settimana 12 milioni di barili al giorno. Ciò significa che l’output complessivo d’oro nero americano è cresciuto di quasi 2,5 milioni di barili al giorno dall'inizio del 2018 e di oltre 5 milioni di barili al giorno in relazione al 2013. Nessun altro paese al mondo produce così tanto.

Secondo le stime degli analisti, la produzione a stelle e strisce aumenterà ulteriormente nei mesi a venire, con le compagnie petrolifere che incrementeranno le proprie esportazioni di petrolio con l’intento di vendere le scorte eccedenti. A detta di Citi, l’output statunitense potrebbe raggiungere entro la fine del 2019 un totale di 13 milioni di barili al giorno, con una media annua di 12,5 milioni.

Rispetto alla portata monstre della produzione americana, poca voce in capitolo hanno avuto sia le sanzioni comminate dagli Stati Uniti all’Iran (che ne hanno limitato la capacità d’esportazione, imponendo tariffe anche a coloro che avessero continuato ad acquistare dalla repubblica islamica), sia i disordini politici in Venezuela, che hanno avuto ricadute negative generalizzate su tutti i settori della regione.

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