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Estrema volatilità per il petrolio dopo la decisione senza precedenti di Arabia Saudita, Emirati Arabi, Bahrein ed Egitto di chiudere le frontiere con il Qatar.
Forti tensioni in Medio Oriente a causa della rottura dei rapporti diplomatici di 4 paesi (Arabia Saudita, Emirati Arabi, Egitto e Bahrein) con il Qatar. Chiusura delle frontiere e delle ambasciate, cancellazione dei voli per Doha, rottura di importanti accordi commerciali. I legami con il Qatar si sono deteriorati nel corso del tempo soprattutto dopo l’arrivo al potere dell’emiro Tamim bin Hamad Al Thani, forte sostenitore dei Fratelli Musulmani in Egitto (aiuti finanziari dopo la caduta del Governo Mubarak) e accusato più volte di aver appoggiati altri movimenti estremisti (Isis, al Qaeda, i ribelli Huthi in Yemen). Recentemente allo stesso emiro erano state associate delle dichiarazioni in favore dell’Iran.
La decisione presa dai paesi arabi è senza precedenti e mette ancora più tensioni nell’area già destabilizzata dalle guerre in Siria e Yemen. Tale situazione mette paura anche agli Stati Uniti che in Qatar hanno la principale base militare in Medio Oriente.
Sul petrolio la scelta di chiudere le frontiere ha portato inizialmente un forte balzo delle quotazioni del greggio che tuttavia è stato solo temporaneo. Il Qatar non è tra i principali produttori di greggio, con i suoi 600 mila barili al giorno è al settimo posto in Medio Oriente dietro ad Arabia Saudita (9,9 mln/bpd), Iraq (4,4 mln/bpd), Iran (3,8mln/bpd), Emirati Arabi (2,9 mln/bpd), Kuwait (2,7 mln/bpd) e Oman (1mln/bpd).
Per quanto concerne i tagli alla produzione dell’OPEC il Qatar contribuisce con 30k barile su 1,8mln ovvero 1,6%.
L’effetto paura degli addetti ai lavori su possibili squilibri nell’industria petrolifera qatariota e quindi su quella mondiale è svanito ben presto. Da un punto di vista fondamentale il contributo della produzione del Qatar su quella globale è veramente marginale.
I paesi arabi da sempre guidati dall’Arabia Saudita sembra abbiano deciso di isolare il Qatar dopo i continui sostegni a movimenti troppo estremisti.
Il greggio era salito fino a 48,60 per poi scendere violentemente a 47,25 dollari al barile, vicino ai minimi relativi segnati lo scorso venerdì a 46,90 dollari al barile.
Manteniamo le nostre aspettative ribassiste sull’andamento del greggio per il medio/breve periodo.
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