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Prezzi del petrolio in balia di tre dinamiche: decisioni sulla produzione Opec, stagionalità del mercato ed equilibri geopolitici. Torna dunque a farsi largo la medesima domanda: chi ha in mano oggi le redini del greggio?
In attesa del vertice Opec+ di giovedì 6 dicembre tra i principali produttori di oro nero (ove il + è rappresentato dalla Russia), il petrolio ha parzialmente recuperato terreno, con il crude tornato stabilmente al di sopra dei $50 al barile, oggi a quota $53,5. Segno più anche sul brent, sul livello di 62,5 dollari.
Petrolio: tra il volere di Trump e la sua stagionalità
La sfida per i player del comparto è ora duplice: non solo raggiungere un livello di produzione tale da sostenere i prezzi del greggio, ma anche far sì che gli Stati Uniti non ostacolino tale percorso. Il presidente americano, Donald Trump, ha infatti più volte sostenuto la necessità di mantenere prezzi del petrolio bassi per favorire l’economia, le attività industriali e la produzione ad un costo più concorrenziale.
Nonostante il calo della produzione iraniana (con Teheran che ha però dichiarato di non voler tagliare il proprio export di petrolio), l'output di greggio continua a crescere, sospinto anzitutto da Stati Uniti, Russia, Arabia Saudita e Canada. La stagionalità del crude, con l’arrivo dell’inverno, si prepara ad entrare nel vivo: dall’analisi dei dati emerge infatti un indebolimento dei prezzo del petrolio nei primi due mesi del quarto trimestre, tendendo poi a riprendersi dalla prima metà di dicembre, dando inizio ad un rally fino all’inizio dell’estate.
Petrolio: attesa di un taglio dell'Opec da 1,4 milioni b/d
Attualmente, le aspettative di mercato prevedono un taglio alla produzione giornaliera dell’Opec da 1,4 milioni di barili. Nel caso di un taglio dell’output inferiore a tale soglia, i prezzi del petrolio potrebbero comunque non beneficiare a pieno della misura, andando incontro a nuove perdite. Medesimo risultato si potrebbe avere nel caso in cui l’Opec disponesse un taglio della produzione per l’anno 2019 senza però precisare l’ammontare esatto.
L'Arabia Saudita, che a livello Opec gioca la parte del gigante, dovrà prestare attenzione a non provocare eccessive variazioni a rialzo dei prezzi, rischiando di inimicarsi ulteriormente il presidente americano. Con questi, i rapporti sono infatti già tesi dopo la vicenda Khashoggi, il giornalista dissidente ucciso nell’ambasciata saudita di Istanbul.
Sempre Riad dovrà inoltre valutare come comportarsi con Nigeria e Libia, lasciate fuori dalle ultime disposizioni sui tagli alla produzione, a causa degli shock derivanti dai problemi politici, che hanno penalizzato le due economie.
A prescindere dall’ammontare del taglio che i produttori delibereranno, il Qatar, chiamatosi fuori dall’Opec per concentrarsi sulla produzione di gas naturale, ha confermato il proprio appoggio alla politica di quest’ultimo. Tra i produttori interni all’organizzazione, il Paese era all’undiciìesimo posto per outpur di oro nero.
Sul recente rialzo delle quotazioni ha impattato, seppur marginalmente, l’annuncio da parte del Canada di un taglio alla produzione dello stato dell’Alberta (tra i maggiori produttori locali di shale Oil) da 325 mila barili al giorno.