Venezuela nel caos: allarme petrolio. Cresce il rischio tensioni Usa-Opec
Cala la produzione di greggio 2018, sale il rischio di sanzioni americane. Venezuela (presidente di turno dell'Opec 2019): importatore diretto di diluente americano. Trump riconosce Juan Guaido: un primo passo.
Produzione di greggio in calo, inflazione a sei zeri, sfiducia tra gli operatori economici ed una leadership, quella di Nicolas Maduro, presidente in carica dal 2013, che non ha mai convinto né i mercati, né gli altri rappresentanti di stato mondiali. L’improvvisa escalation delle tensioni degli ultimi giorni sono solo la ciliegina su una situazione critica che dilania ormai da tempo il Venezuela.
Lo scorso mercoledì, l'amministrazione Trump ha annunciato che sosterrà il leader dell'Assemblea nazionale venezuelana, Juan Guaido, che si è dichiarato presidente ad interim. Conoscendo gli Stati Uniti e le recenti mosse del Tycoon americano, non è da escludere che a tendere venga disposta un’estensione delle sanzioni al commercio di energia col Venezuela, potenzialmente devastante per la regione. Attualmente Caracas si appoggia a Washington per l’acquisto di diluenti (circa la metà del totale delle forniture necessarie) da aggiungere al proprio petrolio, troppo pesante. Washigton, per il momento, si è impegnato a bloccare l’import di greggio venezuelano negli Stati Uniti.
Venezuela (Opec): focus produzione ed equilibri Usa
Nel 2018 il Venezuela, membro dell’organizzazione mondiale dei principali produttori di petrolio (Opec), ha prodotto 1,1 milioni di barili al giorno, in deciso calo rispetto alla media 3,3 milioni di barili al giorno estratti dal Paese nel 2014. Un dato che molto penalizza l’economia locale, ove il 98% dell’export è basato proprio sullo scambio di greggio, e che potrebbe andare ad intaccare gli stock della nazione, attualmente considerata quella col più elevato livello di riserve al mondo (297 miliardi di barili, davanti ai 260 miliardi dell’Arabia Saudita, secondo i dati ufficiali 2016).
Le conseguenze di una mossa restrittiva statunitense (che andrebbe ad aggiungersi al ripristino delle sanzioni imposte dagli Usa all’Iran lo scorso novembre), assieme alle recenti movimentazioni interne al Venezuela, potrebbero ripercuotersi sull’intero mercato petrolifero, complicando le già precarie relazioni tra Opec e Stati Uniti.
Il contesto si complica ulteriormente se si pensa che per l’anno 2019 il Venezuela detiene la presidenza di turno dell’Organizzazione, il che significa che il ministro del petrolio, nonché presidente della PDVSA, Manuel Quevedo, è anche presidente dell'OPEC.
Prezzo del petrolio tra Venezuela e Stati Uniti
Secondo le stime RBC Capital Markets, il Venezuela registrerà un’ulteriore contrazione tra i 300 mila e i 500 mila barili al giorno nel 2019. Se l'amministrazione Trump facesse scattare il grilletto delle sanzioni, tali cifre potrebbero salire di ulteriori centinaia di migliaia di barili.
Il riconoscimento da parte di Trump nei confronti del leader Guaido sembra comunque essere un primo punto di partenza per preservare lo status quo. Sempre Guaidò, per cercare di stemperare l’eccesso di tensioni, si è detto a concedere un'amnistia "a tutti coloro che sono disposti a mettersi dalla parte della Costituzione per recuperare l'ordine istituzionale", Nicolas Maduro compreso.
Nel corso delle ultime due sedute il greggio texano si è riportato al di sopra dei 53 dollari al barile, tornando a testare quota $54. Un importante livello di resistenza resta quello posizionato attorno ai 50 dollari. Meno marcato il movimento del brent, che ha consolidato movimenti attorno al livello chiave dei 61 dollari al barile.
A contrastare la spinta rialzista sui prezzi è stato il dato rilasciato ieri dall’EIA sulle scorte di petrolio americano, cresciute di 7,97 milioni di barili, contro attese di variazione poco sotto lo zero.
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