Prezzo del petrolio in forte calo nonostante aumento scorte EIA
I buoni dati in arrivo dal fronte industriale e il rafforzamento del dollaro, oltre alle scorte Usa in calo di oltre 9 milioni di unità, non bastano ad aiutare il prezzo del greggio, che perde oltre il 2%
Dopo aver messo a segno il terzo giorno di seguito di guadagni, nel primo pomeriggio il prezzo del petrolio è bruscamente sceso di oltre il 2%.
Da giorni si parlava di una prossima ripresa del greggio: l’arrivo dell’uragano Laura, che ha portato alla chiusura di circa il 12% delle raffinerie statunitensi, e i segnali di ripresa della produzione industriale a livello globale (con gli indici Pmi nel settore manifatturiero in rialzo sopra i 50 punti per il secondo mese consecutivo), hanno contribuito a una serie di rialzi che solo oggi hanno iniziato a frenare.
Al momento infatti il prezzo del barile è tornato a 41,69 dollari per il Wti e 44,61 per il Brent, valori con cui si torna ai minimi dello scorso 21 agosto.
Cosa dicono i dati sulle scorte Usa?
Nel pomeriggio l’Eia, l’Energy Information Administration statunitense, ha rilasciato i dati settimanali sulle scorte di petrolio nazionali: negli ultimi sette giorni sono scese di 9,36 milioni di barili, una contrazione ben superiore a quanto si attendevano gli analisti (-1,88 milioni), che segue il calo di 4,69 milioni della settimana precedente e si allinea alle stime di ieri dell’Api, l’American Petroleum Institute, secondo i cui dati le scorte sarebbero diminuite nello stesso periodo di 6,36 milioni di barili.
Vale ricordare che comunque i siti di stoccaggio Usa sono ancora in rialzo del 5% rispetto alla media di questo periodo dell’anno, con un totale di 48,4 milioni di barili. Aumentano inoltre le giacenze a Cushing, Oklahoma, il principale sito di stoccaggio Usa, dove si segnala un rialzo di 110 mila barili.
I barili processati dalle raffinerie nell’ultima settimana sono stati 13,9 milioni, in calo rispetto ai 14,7 milioni della settimana precedente, soprattutto a causa dell’impatto dell’uragano Laura e del rallentamento nei processi di raffinazione.
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Quali fattori stanno influenzando il prezzo del petrolio?
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I dati sulla ripresa industriale
Dall’inizio della settimana la pubblicazione di indici Pmi ha fotografato il trend in cauta ma costante ripresa della produzione industriale globale.
In Cina l’indice dei direttori agli acquisti nel settore manifatturiero si è assestato a quota 51 punti, leggermente in calo rispetto al dato precedente (51,2) ma comunque al di sopra della soglia dei 50, che determina un’economia in espansione. Positivi anche i dati in arrivo dall’Europa, con il Pmi manifatturiero tedesco a 52,2 punti, e quelli Usa, dove l’indice Ism ha pubblicato un netto rialzo a 56 punti.
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Il rafforzamento del dollaro
Gioca a favore degli acquisti nel settore petrolifero anche il recupero del dollaro. Dopo essere tornato ai minimi di due anni (maggio 2018), il biglietto verde è tornato a guadagnare nei confronti delle principali valute: il cambio EUR/USD al momento viaggia a 1,1833, quello USD/JPY (大口) sale di nuovo a quota 106,184 e anche nei confronti della sterlina si assiste a un rafforzamento, con il cambio GBP/USD che torna a 1,3318.
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La speranza di stimoli fiscali
Traballa invece la fiducia con cui gli operatori guardavano alla prospettiva di un nuovo pacchetto di stimoli fiscali in funzione anti-pandemica.
Dopo che, lo scorso 31 luglio, il programma di sussidi ai cittadini Usa che avevano perso il lavoro a causa del lockdown è arrivato alla sua naturale scadenza, il dibattito all’interno del Congresso sull’opportunità o meno di prolungare e implementare le misure si è fatto sempre più acceso.
Il presidente Usa Donald Trump era intervenuto all’inizio di agosto con due ordini esecutivi, tramite cui ha istituito un assegno settimanale per famiglia da 300 dollari. Il programma tuttavia si avvia di nuovo alla scadenza (prevista per la fine di settembre), il Congresso riapre ora dopo la pausa estiva e i segnali di apertura da parte del presidente del Tesoro, Stephen Mnuchin, si sono volatilizzati dopo che l’incontro con la speaker della Camera dei Rappresentanti Nancy Pelosi si è esaurito in un nulla di fatto.
Secondo una fonte dem, mancherebbe ancora l’accordo sull’entità dei nuovi fondi: i democratici premono infatti affinché la portata totale del programma venga innalzata dagli 1.300 miliardi proposti originariamente a 2.200 miliardi.
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