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Quotazioni del petrolio in ribasso, grande attesa per il meeting di Vienna

I leader dell’Opec si incontreranno la settimana prossima per decidere se proseguire con il taglio della produzione, mentre gli investitori tengono d’occhio le tensioni Cina-Usa

Raffineria Fonte: Bloomberg

aLe scorte settimanali di greggio negli Stati Uniti hanno deluso le aspettative: 1,527 milioni di barili, 418 mila in più rispetto a quanto avevano previsto gli analisti di Reuters. Il Wti è sceso a 57,93 dollari al barile, (perdendo lo 0,3%) mentre il Brent ha perso lo 0,1%, toccando i 62,99 dollari al barile.

Perché il prezzo del petrolio si stava alzando?

Gli investitori tengono d’occhio i rapporti tra Cine e Usa, pronti a vendere non appena la possibilità di un accordo dovesse farsi reale. In caso contrario invece l’intera economia globale non farebbe altro che rallentare ancora di più, provocando un calo della domanda di petrolio.

Il cauto ottimismo sulle trattative in corso tra Cina e Usa per la ratifica di una “Fase 1” dell’accordo commerciale, negoziata a ottobre ma ancora in attesa della firma ufficiale, aveva dunque contribuito a far lievitare il prezzo del greggio. Altrettanto facilmente, tuttavia, l’approvazione da parte del presidente Usa Donald Trump dell’Hong Kong Human Rights and Democracy Act potrebbe gettare nuove ombre sull’accordo e, dunque, provocare ricadute sul prezzo del petrolio.

Ciò spiega anche come mai prima dell’annuncio del dato di ieri il prezzo del petrolio fosse salito a livelli record che non si vedevano da settembre: venerdì scorso il Wti era arrivato a 58,71 dollari al barile, il Brent ieri è arrivato a 63,62 dollari al barile.

Cosa potrebbe accadere a Vienna?

Il 5 e 6 dicembre i paesi membri dell’Opec (l’organizzazione che riunisce i principali esportatori di petrolio a livello globale), sia nella sua versione originale che in quella allargata (Opec +, che include anche altri paesi esportatori, primo fra tutti la Russia), si incontreranno a Vienna. All’ordine del giorno vi sarà la decisione circa l’aumento del periodo in cui contenere la produzione di petrolio: al momento la data ultima è fissata a marzo 2020, ma vi è la possibilità che si vada avanti almeno fino a giugno. Da gennaio infatti alcuni paesi dell’Opec si sono accordati per ridurre la produzione di 1,2 milioni di barili al giorno e, così, mantenere il prezzo dell’oro nero a circa 62 dollari al barile.

Fonti interne all’Opec hanno comunque fatto sapere che molto probabilmente l’accordo verrà effettivamente prolungato, così da dare un segnale positivo ai mercati.

Al momento tuttavia lo scontro principale sembra essere fra Arabia Saudita e Russia. Entrambe sono a favore di una riduzione della produzione; eppure, la prima sembrerebbe più propensa a premere sugli altri membri per assicurarsi che tutti procedano con i suddetti tagli, prima di esporsi. Da parte sua, Mosca cerca invece di tenersi larga, senza dare garanzie – anzi, mettendo le mani avanti e annunciando che sarà difficile tagliare la produzione, soprattutto in inverno, in Siberia, dove le condizioni climatiche rendono problematico alterare il funzionamento degli impianti.

Quanto influirà l’Ipo di Saudi Aramco?

Fonti vicine a Mosca hanno tuttavia fatto sapere che molto probabilmente la Russia finirà per cercare un compromesso, considerando l’altra data chiave sul mercato petrolifero. Il 5 dicembre, quando il gigante saudita Saudi Aramco annuncerà il prezzo delle azioni in vista della quotazione sulla Borsa di Riad, annunciata per l’11 dicembre.

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