Quotazioni petrolio in rialzo ma i prezzi sono sui minimi da febbraio

Ieri il WTI ha mostrato un rialzo del 4,22% intraday dai minimi di metà giornata a $86 al barile fino a toccare i $90 al barile. Questa mattina, al contrario, lo US Crude si dimostra altamente volatile con un iniziale momentum ribassista che lo porta dapprima a perdere quasi il 2% fino a $88 al barile per poi ritracciare e recuperare intorno ai $91 al barile.

Anche il Brent mostra un analogo movimento anche se le quotazioni sono a premio rispetto al benchmark statunitense con uno spread di circa $6/barile.

Infatti, la differenza tra i due benchmark petroliferi sembra destinata ad ampliarsi nel medio periodo a causa delle tensioni geopolitiche in Ucraina che potrebbero porre dei freni sul lato dell’offerta.

Le cause del ribasso

Sul lungo termine, i prezzi del petrolio sembrano essersi raffreddati rispetto ai massimi di $128/barile per il WTI ($136 il Brent) toccati lo scorso marzo e al più recente rialzo di giugno dove il benchmark europeo ha raggiunto i massimi di oltre 10 anni a $123 al barile.

Tuttavia, i timori di una recessione insieme al rallentamento dell’attività economica in Cina, hanno spinto i prezzi del greggio in un forte momentum ribassista che ha portato i prezzi ai minimi dall’inizio della guerra in Ucraina in un range compreso tra gli $85 e i $90/barile.

Nonostante i tentativi dell’OPEC+ (nella riunione della settimana scorsa) di mantenere ampio il gap tra domanda e offerta limitando la produzione con un incremento di soli 100.000 barili al giorno (che diviso per i paesi membri dovrebbe risultare in circa 30-40 mila barili al giorno in più effettivi) i prezzi del greggio non hanno fatto altro che perdere terreno e stabilizzarsi intorno alla resistenza dei $93.

Infatti, anche il conteggio delle perforazioni petrolifere e la produzione nel Bacino Permiano in Texas, vicini ai livelli pre-pandemia, stanno alimentando le speculazioni di un ulteriore calo verso la fine dell’anno intorno al range degli $80/barile a causa del mix di effetti causato dalla riduzione della domanda e dall’eccesso di offerta.

L’outlook futuro

Fare delle previsioni future con un elevato grado di accuratezza risulta complicato visto che molto dipenderà dagli effetti delle tensioni geopolitiche sull’offerta e dalle aspettative di medio termine sulla domanda di greggio che sembrano in deciso deterioramento.

Ceteris paribus crediamo che i prezzi dell’oro nero si siano ormai stabilizzati in un range di prezzo tra gli $80 e i $100 per il WTI e tra gli $85 e i $105 per il Brent. Infatti, la domanda di greggio rimane comunque forte nel breve termine, nonostante i timori di una recessione nel medio periodo, grazie anche alla ripresa degli spostamenti dopo la fine della pandemia che ha ulteriormente alimentato la domanda di petrolio e derivati.

Nonostante ciò, il rallentamento della crescita economica negli Stati Uniti - formalmente in recessione tecnica dopo il secondo trimestre di crescita negativa - e la riduzione della domanda di greggio in Cina, a causa della crescita dei casi di Covid-19, hanno alimentato le aspettative per un ulteriore ribasso dei prezzi che sono previsti per fine 2022 ad un target di prezzo di $80/barile.

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