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Quotazioni petrolio in calo sui timori di una recessione

L’oro nero torna ai livelli precedenti l’invasione dell’Ucraina a causa delle preoccupazioni su un rallentamento economico nel breve termine.

Fonte: Bloomberg

Continua il ribasso delle quotazioni del greggio che oggi tocca nuovi minimi. Il benchmark statunitense West Texas Intermediate quota, a metà giornata, a $78/barile - minimo dell’11 gennaio - mentre il Brent del Mare del Nord ha toccato gli $84/barile, minimo del 24 gennaio.

Il calo delle quotazioni dell’oro nero è principalmente dovuto ai timori di una recessione economica in Europa che sta patendo gli effetti combinati generati da un rialzo dei tassi di interesse, dalle elevate pressioni inflazionistiche, dalla crisi energetica e da un generale deterioramento dei fondamentali macroeconomici.

Inoltre, anche il rallentamento della domanda di greggio da parte dei grandi importatori asiatici, Cina e Giappone in primis a causa di un aumento dei casi di Covid-19 e delle relative restrizioni agli spostamenti, sta ponendo serie difficoltà ai prezzi del greggio che potrebbero subire ulteriori cali nel breve termine.

A supporto di ciò vi sono anche le stime dell’OCSE sulla crescita globale, di recente pubblicazione, che sono state riviste al ribasso per la fine del 2022 e mostrano un calo generale del PIL globale di ben $2,8 trilioni per l’inizio del 2023.

La crescita economica è quindi prevista sottotono nel secondo semestre 2022 e in ribasso per il 2023 con un valore, su base annuale, del +2,2%.

Le incognite future

Nonostante le probabilità di una recessione nel Vecchio Continente siano aumentate notevolmente negli ultimi mesi - a causa di un marcato peggioramento dei dati macroeconomici in paesi come Regno Unito e Germania - rimangono ancora barlumi di speranza riguardo ad un leggero calmieramento dell’inflazione nel breve periodo grazie all’aggressiva stretta sui tassi di interesse attuata dalle banche centrali (BCE e BoE).

A questo punto, le decisioni prese dall’OPEC+, nella scorsa riunione del 5 settembre, sono risultate lungimiranti e hanno quindi evitato di allargare ulteriormente il gap tra la domanda e l’offerta aggregata di greggio.

Infatti, la risoluzione su un taglio di 100.000 barili al giorno (pari allo 0,1% della domanda globale di petrolio) non ha portato alcun effetto nell’immediato ma ha mostrato la decisa convinzione del cartello di mantenere le quotazioni al livello più alto possibile riducendo, allo stesso tempo, la differenza tra domanda e offerta che ha portato le quotazioni dell’oro nero a toccare un massimo lo scorso giugno di $123/barile (Brent).

Non ultimo, anche una possibile risoluzione dell’impasse sull’accordo riguardo al nucleare iraniano (1,3 milioni di barili al giorno che potrebbero inondare il mercato) potrebbe incrementare il momentum ribassista del greggio e contribuire ad un ulteriore calmieramento delle pressioni inflazionistiche (il greggio è una delle componenti maggiori nella crescita dell’inflazione).

Le previsioni

In conclusione, crediamo che, sulla scia dei dati macroeconomici europei deludenti, le quotazioni del greggio potrebbero subire ulteriori ribassi nel breve periodo. Questo - combinato con un generale rallentamento dell’attività economica e con le politiche monetarie restrittive delle banche centrali - potrebbe alleviare il fardello dell’inflazione, principale motivo di preoccupazione per i mercati.

Per quanto riguarda i prezzi dell’oro nero, fissiamo come target di breve periodo il supporto di $72/barile per quanto riguarda il WTI e di $82/barile per il Brent, entrambi minimi di gennaio scorso.

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