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Russia in default tecnico, non accadeva dal 1918

Mosca non è riuscita a pagare per colpa delle sanzioni economiche occidentali 100 mln di dollari in interessi su due bond.

Fonte: Bloomberg

La crisi

Il governo russo è risultato ufficialmente inadempiente ai pagamenti sugli interessi delle sue obbligazioni estere. A far scattare l’allarme è stato il mancato pagamento di ben $100 milioni di cedole su due tranche di obbligazioni, una denominata in dollari e l’altra in euro, con scadenza rispettivamente nel 2026 e nel 2036.

In realtà i pagamenti dovevano essere effettuati entro venerdì 27 maggio, ma era stato concesso un prolungamento della data di settlement di 30 giorni così da scongiurare un’insolvenza formale. Nonostante ciò, la Russia risulta ora sull’orlo di un default tecnico che potrebbe minare la sua capacità futura di raccogliere finanziamenti da investitori stranieri.

I problemi pregressi

Dall’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe di Putin il 24 febbraio scorso, il governo russo ha faticato nel mantenere la rigida scaletta dei pagamenti relativi alle sue emissioni obbligazionarie in circolazione, pari a circa $40 miliardi. Molti dei problemi sono derivati non tanto dall’ammontare delle riserve di valuta estera depositate presso la Banca Centrale Russa, ma dalle sanzioni imposte dai paesi occidentali e create ad hoc per minare la sua sostenibilità economico-finanziaria.

Queste ultime - in particolare quelle che escludono le istituzioni bancarie russe dai sistemi di pagamento globali - stanno impedendo al paese di onorare i propri pagamenti sul debito in quanto la Banca Centrale Russa non è materialmente in grado di inviare il denaro agli investitori.

Dunque, il problema non è che il paese non è in grado di pagare perché non ha sufficiente denaro ma perché non riesce ad inviarlo. Per questo motivo, le autorità russe stanno accusando l’Occidente di creare un default artificiale contro il loro paese.

Le conseguenze di un default russo

In realtà gli effetti pratici di un default tecnico sono alquanto esigui. Infatti, la Russia è ormai pressoché completamente emarginata da ogni tipo di rapporto con gli altri paesi dello scenario internazionale. Gli effetti più immediati di un mancato pagamento sul debito sarebbero dunque una maggiore difficoltà di ottenere futuri prestiti internazionali e un futuro declassamento del suo debito da parte delle agenzie di rating.

Infatti, già ad aprile l’agenzia Standard & Poor’s - a causa di un pagamento effettuato in rubli anziché in dollari ed euro - aveva abbassato il rating sul debito da CC (Currently Highly Vulnerable) a SD (Selected Default), un gradino sopra il livello minimo D (Default) che indica l’insolvenza completa.

Tuttavia, a causa delle sanzioni, anche le agenzie di rating sono formalmente impossibilitate ad avere alcun tipo di rapporto con la Russia il che rende la situazione un caso davvero più unico che raro. Tutte le principali agenzie di rating hanno ritirato i propri giudizi sul debito russo.

A questo punto, la vera discriminante riguarda il fatto che il default tecnico non sia dovuto ad una mancanza reale di denaro ma ad un’impossibilità di mandarlo agli investitori. Questo fa infatti riflettere alcuni, come lo stesso Ministro delle Finanze Russo Anton Siluanov, che ha affermato che non si tratta di un vero e proprio default.

Gli sviluppi futuri

La Russia risulta dunque con le mani legate in quanto non può onorare i propri debiti pregressi né contrarne di nuovi. Tuttavia, gli effetti di questa “crisi del debito” sono stati in parte mitigati dal rialzo impressionante dei prezzi delle materie prime che stanno fornendo ingenti introiti alle casse statali russe, soprattutto grazie alle esportazioni di petrolio e gas naturale.

In conclusione, può risultare interessante il fatto che l’attuale scompiglio in campo obbligazionario non è un’eccezione per la Russia. Un antecedente simile accadde nel 1918 quando il neo-instaurato governo sovietico si rifiutò di riconoscere il debito pregresso contratto dallo Zar Nicola II.

Non ultimo, vi furono anche i più recenti casi del 1991 e 1998, dove il paese si dichiarò inadempiente sul proprio debito in valuta estera e annunciò una moratoria con gli investitori stranieri.

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