Sorpresa BCE, rialzo dei tassi di 50 pbs
La Banca Centrale Europea ha deciso di incrementare il rialzo dei tassi di interesse di 50 punti base invece dei 25 preannunciati.
La BCE ha deciso di cambiare strategia stupendo il consensus con un rialzo dei tassi di interesse di 50 punti base invece di 25 punti base come annunciato nella precedente riunione di giugno.
Il cambio di regime avviene in un periodo particolarmente difficile per l’Eurozona stretta tra crescenti pressioni geopolitiche, energetiche ed inflazionistiche. Infatti, proprio queste ultime sono quelle che hanno preoccupato di più il Consiglio Direttivo della BCE che ha dunque optato per un incremento maggiore dei tassi di interesse.
A giugno, infatti, l’inflazione nella Zona Euro ha toccato nuovi massimi al +8,6% anno su anno.
Nonostante ciò, la BCE dovrà stare attenta nella propria politica monetaria per evitare di compromettere troppo la crescita, già fiacca, dell’Eurozona.
I numeri dei tassi
A questo punto i tassi di interesse legati alle operazioni di rifinanziamento principali sono passati dallo 0% al 0,5%, quelli sui depositi da -0,5% a 0% e infine quelli relativi alle operazioni di rifinanziamento marginale dallo 0,25% allo 0,75%.
La mossa risulta storica visto che la BCE non alzava i tassi di interesse da più di 10 anni, ponendo fine all’era della politica monetaria ultra-espansiva che ha iniettato liquidità nel sistema a supporto dell’economia con l’acquisto di circa €5 trilioni in acquisti obbligazionari nel corso di 8 anni.
La BCE ha anche aggiunto che ulteriori rialzi dei tassi saranno previsti nei prossimi incontri.
Lo scudo anti-spread (TPI)
Non ultimo la Banca Centrale ha anche delineato le linee guida del piano anti-spread (o anti-frammentazione) che prevede di porre un tetto alla crescita del differenziale di rendimento dei vari paesi dell’Eurozona. Questo strumento, molto atteso dai mercati, ha il principale obiettivo nell’evitare lo scoppio di una crisi del debito come quella avvenuta nel 2011 dove, a titolo d’esempio, lo spread BTP-Bund toccò livelli oltre la soglia dei 500 punti base con un rendimento vicino al 7%.
In particolare, il TPI (Transmission Protection Instrument) prevederà quattro criteri a cui attenersi: il rispetto dei criteri di bilancio indicati dall’UE, l’assenza di gravi squilibri macroeconomici, la sostenibilità del debito e infine l’adozione di politiche solide in linea con gli impegni presi nell’ambito del Recovery Plan e con la Commissione Europea.
Il piano può essere applicato a qualsiasi paese facente parte della Zona Euro e creerebbe una difesa in più contro la frammentazione del debito nei paesi europei.
Gli effetti sull’euro
Al momento dell’annuncio, la moneta unica subisce un corposo rialzo nei confronti delle principali valute, tra cui dollaro e yen. Questo si rivela però un rimbalzo momentaneo visto che, in entrambi i casi le valute ritracciano e superano il supporto iniziale.
Tuttavia, sicuramente le scelte della BCE di rialzare i tassi di 50 bps hanno anche l’intenzione di rafforzare la moneta unica dopo le forti perdite soprattutto nei confronti del dollaro e del franco svizzero.
Contro il primo sembra ormai una battaglia persa visto che il cambio EUR/USD è sceso del 5% solo nell’ultimo mese passando da massimi di 1,07 fino a superare addirittura la parità a 0,995 il 14 luglio scorso.
Nello stesso arco temporale anche la coppia EUR/CHF perde molto (il 5,9%), stazionando ormai stabilmente sotto la parità. Tuttavia, in questo caso ci potrebbero essere segnali di ripresa da parte dell’euro dati gli interventi sul mercato valutario della Banca Nazionale Svizzera che vuole scongiurare un franco troppo forte che potrebbe danneggiare le sue esportazioni.
Le previsioni
Le mosse della BCE stupiscono i mercati che però pare abbiano brevemente apprezzato un intervento più duro del previsto. Infatti, le linee guida della BCE mostrano che i tassi continueranno ad essere rialzati fino a quando non ci saranno prove tangibili di una decisa frenata delle pressioni inflazionistiche.
Tuttavia, queste dipendono molto dalla crisi energetica in atto e di conseguenza dalle tensioni geopolitiche che vedono come protagonista la Russia.
Nonostante ciò, pensiamo che potremmo cominciare a vedere una frenata dell’inflazione nel terzo trimestre del 2022 e una rinormalizzazione della politica monetaria nel primo trimestre 2023.
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