Vertice Opec, prezzo del petrolio in leggero rialzo mentre i big decidono su taglio produzione
I leader del greggio si riuniscono a Vienna per decidere su come pilotare il prezzo del petrolio
È iniziata stamattina a Vienna la riunione dei vertici dell’Opec, l’organizzazione degli stati esportatori di petrolio. In due giorni i grandi dell’oro nero si accorderanno sulla produzione del petrolio: di quanto ridurla e per quanto tempo.
Il termine per mantenere la produzione ai livelli in cui era stata stabilita all’inizio di gennaio scade infatti a marzo 2020. I membri dell’Opec (Iran, Iraq, Arabia Saudita, Kuwait e Venezuela, oltre ad alcuni stati in Africa e America Latina) si sono incontrati oggi, mentre per domani è programmata la riunione allargata anche a Russia e Kazakhstan (il cosiddetto Opec+).
All’ordine del giorno la discussione sulla riduzione della produzione di petrolio e su un eventuale prolungamento del periodo entro cui mantenerla. È soprattutto l’Arabia Saudita a premere per entrambe le risoluzioni: una riduzione della produzione giornaliera di greggio di 500.000 barili (al momento fissata a 1,2 milioni di barili) e un’estensione da marzo a dicembre 2020. Ma è difficile che anche gli altri membri accettino entrambe le richieste.
La posizione dell’Iraq
Il ministro dell’energia iracheno, Thamer Ghadaban, ha dichiarato di essere disponibile a un prolungamento dei tagli, anche fino a dicembre 2020. Inoltre, ieri aveva riconosciuto che sarebbe necessario un taglio di almeno 400.000 barili al giorno e oltre – dichiarazione che infatti aveva causato un rialzo del prezzo del petrolio di oltre il 4%.
In realtà Iran e Nigeria sono stati gli unici paesi che non si sono attenuti alle riduzioni. L’Iran, secondo produttore di petrolio all’interno dell’Opec, dopo l’Arabia Saudita, ha ripetutamente violato i limiti alla produzione imposti nel gennaio 2019, arrivando a oltre 4,85 milioni di barili al giorno tra agosto e settembre.
Dell’Arabia Saudita
L’Arabia Saudita preme per tagliare ancora di più la produzione; in caso contrario, ha già minacciato di alzare la propria produzione nazionale. Ha accordato una riduzione a 10 milioni di barili al giorno, rispetto agli attuali 10,3 milioni, ma solo se anche gli altri membri si impegneranno ad attuare i tagli concordati.
D’altra parte, il Regno saudita ha tutto l’interesse a mantenere i prezzi in aumento a causa dell’Ipo della compagnia petrolifera statale Saudi Aramco, prevista per il prossimo 11 dicembre.
Della Russia
Dal canto suo, in cambio di una riduzione delle produzione Mosca chiede che i condensati (un particolare tipo di petrolio per molti versi assimilabile al greggio) siano esclusi dal conteggio. In quel caso, infatti, la Russia potrebbe estrarre senza restrizioni fino a 770mila barili al giorno in più. D’altra parte, già nei giorni scorsi il ministro dell’energia russo, Alexandr Novak, aveva sottolineato sia che i condensati estratti non sarebbero destinati all’esportazione, sia che comunque ridurne la produzione sarebbe impossibile, a causa di questioni tecniche.
Il prezzo del petrolio
È dalla settimana scorsa che il prezzo del greggio continua ad oscillare in base alle dichiarazioni dei leader Opec+. Solo venerdì scorso il petrolio ha subito un crollo di oltre il 4,42%, raggiungendo un minimo di 55,09 dollari la barile (Wti) e 60,33 dollari al barile (Brent), dopo che la Russia si era mostrata scettica riguardo l’ipotesi di proseguire con i tagli alla produzione. Oggi invece i valori sono tornati ad alzarsi, con il WTI che ha raggiunto un massimo di 59,05 e il Brenta 63,71 dollari al barile -il massimo da fine settembre.
D’altra parte, qualora l’Opec+ non dovesse riuscire a raggiungere un accordo, contando anche la produzione di petrolio statunitense, le scorte globali conterebbero un surplus di circa 800.000 barili al giorno per la prima metà del 2020 – con possibile crollo del prezzo di oltre il 30%, fino ad arrivare intorno ai 40 dollari al barile.
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